Ogni estate si ripete lo stesso copione: mentre molti attendono con ansia le ferie, i caregiver di persone con demenza restano prigionieri di un sistema privo di supporti sostenibili. Non possono lasciare il loro caro solo, non trovano servizi attivi in estate, e spesso neppure le strutture accoglienti che accettino entrambi. Il risultato? Un’escalation di stress, burnout e fragilità sanitaria che minaccia la loro stessa salute.
Un fardello costante e ignorato
I caregiver familiari di persone con demenza dedicano mediamente oltre 40 ore a settimana a un’assistenza continua . Questa presenza costante implica una costante esposizione a fattori stressanti — comportamenti problematici, bisogni continui, limitazione della vita sociale e del lavoro .
Nei periodi delle ferie estive questi problemi peggiorano. Molti servizi diurni e strutture assistenziali sono chiusi, aggravando la condizione dei caregiver. Questo crea una “trappola”: chi assiste non può prendersi un break, nemmeno per una notte fuori porta.
Lo stress e il burnout sono già epidemie
La letteratura indica livelli elevatissimi di burnout nei caregiver di malati di demenza. In uno studio su 145 assistenti familiari, si riportano percentuali di emotional exhaustion nel 42 %, depersonalizzazione nel 23 % e bassa soddisfazione personale (38 %) .
Già al di fuori dell’estate, i caregiver presentano rischi esponenziali di depressione, ansia, malattie cardiovascolari, indebolimento del sistema immunitario e calo cognitivo.
Quando si sommano le chiusure estive, lo stress diventa cronico, con effetti cumulativi rilevanti.
Il vuoto estivo e l’assenza di soluzioni istituzionali
Non è un caso isolato: molte regioni chiudono a luglio e agosto i centri diurni, le cooperative, i servizi dedicati.
Nessun piano ferie flessibile: la maggior parte delle strutture non offre accoglienza integrata caregiver–assistito.
Zero centri estivi per demenze: mentre i bambini hanno centri estivi, i malati di demenza no.
Servizi d’urgenza insufficienti: poche alternative d’emergenza che coprano nemmeno brevi momenti di sollievo.
In Giappone, Norvegia e Italia uno studio rileva tra i caregiver “disorganizzazione delle routine domestiche, difficoltà a partire per le vacanze, limitazioni della vita sociale e disturbi del sonno” .
È ora che le istituzioni considerino che “le vacanze sono un diritto anche di chi non può permettersele”.
Rischi aggravati: l’estate come fattore esacerbante
Con la chiusura dei servizi, lo stress non cala: si intensifica. Secondo Liu et al., livelli alti di stress nei caregiver sono in correlazione con comportamenti problematici dei loro assistiti, mentre un supporto sociale strutturato riduce il burnout .
La ricerca mostra anche che caregiver “completamente sopraffatti” presentano più sintomi depressivi e peggior stato fisico in un anno . In estate, al netto delle vacanze imposte dalla mancanza di alternative, il fenomeno è destinato ad aggravarsi.
Proposte concrete: da modelli internazionali a buone pratiche nazionali
Per mitigare il problema serve un cambio strutturale di paradigma, con:
A. Centri estivi integrati per persone con demenza e caregiver
Aperti anche nei mesi estivi, con personale formato. Il modello esiste già in Nord Europa, dove servizi “holiday respite” offrono accoglienza a coppie familiaresal–malato.
B. “Comunità amiche dei caregiver”
Alloggi temporanei in ambienti solidali, reti di quartiere organizzate per turni di assistenza volontaria durante l’estate.
C. Alberghi inclusivi
Strutture ricettive adeguate, con formazione al personale, spazi accessibili, assistenza minima; ideali per soggiorni brevi con il proprio caro.
D. Fondi pubblici per supporto estivo
Voucher dedicati ai caregiver per coprire costi di soggiorno o servizi privati durante l’estate.
Conclusione: una responsabilità collettiva
Lo stress dei caregiver in estate non è un danno collaterale: è un problema sistemico, ignorato da politiche sociali che non riconoscono la fatica di chi assiste 24/7. Senza servizi aperti anche ad agosto, senza strutture inclusive e senza tutela, il rischio è una tubercolosi da stress sistemico, con costi sanitari futuri altissimi.
Proposte concrete:
Servizi estivi aperti e accessibili.
Sostegno economico e alloggi inclusivi.
Reti comunitarie e voucher vacanza.
Formazione per operatori turistici e ricettivi.
Se negare un periodo di sollievo a chi già vive una vita di rinunce è una violazione dei diritti sociali, allora il rinnovamento parte da qui: garantire che anche l’estate sia un tempo in cui il caregiver possa “ricaricare le batterie”, nella piena dignità del proprio ruolo umano.
“Doing nothing is an uprising of your sanity.”
— Herbert Benson, MD (Harvard Medical School)
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